INDICE ARTICOLO
Introduzione
I processi ossidativi – come la lipoperossidazione lipidica, l’ossidazione del colesterolo LDL, l’ossidazione delle proteine strutturali o la formazione di prodotti avanzati di glicosilazione – svolgono un ruolo determinante nella genesi di varie patologie, tra le quali quelle aterosclerotiche, cardiovascolari e tumorali. E’ stato infatti ben caratterizzato come le specie reattive dell’ossigeno possano contribuire a ledere le pareti vascolari, aumentando il rischio di disfunzione vascolare, facilitando la deposizione di piccole particelle di LDL ossidate nello spessore arterioso ed attivando così il processo di aterosclerosi. Contestualmente, negli ultimi anni, si è notato come le stesse specie reattive possano interagire con gli acidi nucleici cellulari, ed in particolare con il DNA, inducendo la formazione di addotti genomici, potenzialmente coinvolti nella trasformazione cellulare maligna. La caratterizzazione dei meccanismi molecolari alla base di questi eventi, ha permesso di chiarire il ruolo patogenico dei ROS (radicali liberi dell’ossigeno) ed i possibili campi di intervento.
Le patologie ossidative nei fumatori
E’ noto come l’incidenza dei suddetti stati patologici sia decisamente maggiore nei fumatori rispetto ai non fumatori, identificando pertanto nel fumo un fattore di rischio degno di nota. Il fumo di sigaretta, infatti, contiene non solo elevatissimi livelli di ROS, ma anche una serie di molecole dallo spiccato potere ossidante e trasformante, che interagendo con le varie macromolecole biologiche ne determinano alterazioni strutturali e funzionali. Recentemente è stata inoltre caratterizzata la “via infiammatoria” legata al fumo di sigaretta, responsabile dell’incremento delle concentrazioni di acido arachidonico, IL-1, IL-6 e TNF-alfa. L’ambiente pro-infiammatorio, indotto dal fumo di sigaretta, sembrerebbe ulteriormente contribuire alla genesi degli eventi cardiovascolari, richiamando nelle pareti vascolari, con maggiore velocità, elementi della flogosi come monociti e macrofagi. Il forte potere ossidante ed infiammatorio del fumo di sigaretta è testimoniato anche dall’azione depletiva nei confronti degli antiossidanti endogeni. Numerosi sono, infatti, gli studi che dimostrano come il fumo di sigaretta contribuisca alla riduzione delle concentrazioni, sia locali che plasmatiche, di vitamine antiossidanti come la Vitamina A, la Vitamina E, la Vitamina C, di vitamine ad azione “antinfiammatoria” come la vitamina D, e di molecole biologicamente preziose come il Glutatione ed altri enzimi della barriera antiossidante.
L’uso degli antiossidanti nei fumatori
Alla luce delle carenze osservate, sostenute inoltre da abitudini dietetiche poco corrette, differenti studiosi hanno cercato di caratterizzare il ruolo terapeutico e preventivo degli antiossidanti. Nei differenti lavori si è cercato di caratterizzare i potenziali benefici derivanti dall’integrazione con antiossidanti, ed in particolare con Vitamina A, Vitamina C, Vitamina E, Beta-Carotene, Selenio, Zinco, Vitamine del gruppo B ed N-Acetil-Cisteina. Nonostante i risultati non del tutto concordi, l’integrazione con antiossidanti si sarebbe rivelata utile nel:
- Colmare in parte il deficit nutrizionale e le basse concentrazioni plasmatiche vitaminiche osservate;
- Ridurre l’infiltrato infiammatorio presente al livello arterioso;
- Migliorare la funzionalità vascolare ed emodinamica;
- Ridurre le concentrazioni di citochine e mediatori infiammatori;
- Ridurre le concentrazioni di LDL ossidate e lipoproteine ossidate;
- Ridurre le concentrazioni di prodotti avanzati di glicosilazione;
- Ridurre il rischio di trasformazione cellulare;
- Ridurre l’incidenza di patologie croniche respiratorie;
- Ridurre il rischio di carcinoma prostatico;
- Potenziare i sistemi di difesa antiossidante.
Razionale dell’integrazione con antiossidanti nei fumatori
Nonostante gli studi non siano completamente concordi, l’integrazione con elementi antiossidanti costituirebbe un fattore di protezione prezioso per la salute dei fumatori. L’incremento delle concentrazioni plasmatiche vitaminiche e l’aumento dei sistemi di difesa antiossidante, testimonierebbero l’utilità biochimica dell’integrazione con antiossidanti, mentre la riduzione del rischio ed i cambiamenti istologici ed ematochimici definirebbero l’efficacia clinica della supplementazione. Molto interessanti sarebbero anche i lavori proposti da vari ricercatori, nei quali, il miglioramento delle abitudini dietetiche, insieme all’utilizzo di centrifugati, estratti ed alimenti di origine vegetale ad alto potere antiossidante come i mirtilli, si tradurrebbe in un sensibile incremento delle difese antiossidanti endogene ed in una riduzione del rischio cardiovascolare. Uno dei più importanti limiti, relativamente ai protocolli supplementativi attualmente proposti, è l’assenza di un dosaggio standard e riproducibile. Le dosi, infatti, dovrebbero essere modulate in base al deficit osservato nel paziente, all’eventuale comorbilità ed agli obiettivi preventivi e terapeutici fissati. Con le stesse modalità dovrebbero essere valutate eventuali sinergie e co-somministrazioni. I benefici osservati supererebbero di gran lunga i potenziali effetti collaterali, facilitandone così l’attuazione sia nelle fasi preventive che terapeutiche.
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