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Cosa sono
Le integrine sono particolari proteine transmembrana presenti nelle cellule animali.
Funzionano prima di tutto da molecole di adesione, permettendo alle cellule di ancorarsi alla sostanza fibrosa e gelatinosa che le circonda.
Questa "sostanza" è chiamata matrice extracellulare e rappresenta l’ambiente in cui si trovano immerse le cellule dei tessuti.
La matrice extracellulare funge da impalcatura per i tessuti ed è costituita principalmente da grandi proteine strutturali, come il collagene e l’elastina, immerse in una sostanza gelatinosa chiamata sostanza fondamentale.
Le integrine sono speciali proteine transmembrana (si prolungano oltre il confine della membrana plasmatica) che permettono alle cellule di aderire alla matrice extracellulare.
Tuttavia, le integrine non si limitano ad ancorare la cellula all’ambiente circostante.
Infatti, sono in grado di percepire le variazioni dell’ambiente extracellulare e trasmetterle alla cellula.
In questo modo, le integrine favoriscono il "dialogo" della cellula con l’ambiente che la circonda.
Le integrine sono un’importante famiglia di recettori cellulari responsabili delle interazioni cellula-cellula e cellula-matrice extracellulare.
Funzioni
Le integrine sono prima di tutto delle molecole di adesione cellulare.
Con un’estremità si fissano alle molecole della matrice extracellulare (o di altre cellule) e con l’altra estremità sono ancorate al citoscheletro (impalcatura interna della cellula).
Il nome integrine si riferisce proprio a questa capacità di integrare l’interno della cellula (citoscheletro) con l’ambiente esterno (matrice extracellulare).
Tale integrazione non è semplicemente fisico-meccanica, ma anche biologica.
Per capire meglio le loro funzioni, possiamo pensare alle integrine come dei piccoli filamenti proteici che fuoriescono dalla cellula, fungendo da corde di ancoraggio e da antenne riceventi e trasmittenti.
In effetti, le integrine sono in grado di ricevere segnali dal lato extracellulare, ad esempio:
- agendo da meccanosensori e captando le forze applicate (compressione, estensione, allungamento),
- interagendo con specifici ligandi come:
- proteine della matrice (fibronectina, laminina, collagene),
- controrecettori di cellule vicine,
- polisaccaridi batterici,
- proteine del rivestimento virale.
Tutti questi segnali vengono quindi trasmessi dalle integrine all’ambiente intracellulare, fornendo alla cellula segnali critici sulla natura dell’ambiente circostante e permettendogli di reagire in maniera adeguata.
In questo modo, il legame delle integrine con specifici ligandi innesca una cascata di eventi in grado di influenzare diverse attività cellulari, come migrazione, modificazioni del citoscheletro (con cambiamento di forma), proliferazione, differenziamento, apoptosi e movimento di nuovi recettori sulla membrana cellulare.
La capacità comunicativa delle integrine funziona anche in senso opposto. Infatti, all’interno della cellula (citoplasma) e della sua membrana (plasmalemma), le integrine possiedono domini in grado di reclutare numerosi ligandi, come molecole coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale.
In questo modo, la cellula può regolare l’attività adesiva delle sue integrine dall’interno.
Differenze rispetto ai recettori
Le integrine differiscono dai classici recettori presenti sulla superficie cellulare, in quanto di solito legano il loro ligando con un’affinità inferiore e sono presenti in una concentrazione da 10 a 100 volte superiore sulla superficie cellulare.
Se il legame fosse troppo stretto, le cellule presumibilmente si incollerebbero irreversibilmente alla matrice e non sarebbero in grado di muoversi.
Nel caso delle integrine, quindi, la forza di adesione viene conseguita con un meccanismo simile a quello delle chiusure velcro (molti agganci relativamente deboli formano nell’insieme un aggancio solido).
Farmaci, Salute e Integrine
Decenni di indagini sulle funzioni biologiche delle integrine hanno suggerito i loro importanti ruoli nella regolazione di vari aspetti della salute e della malattia.
I processi di adesione cellulare sono infatti fondamentali nel dirigere lo sviluppo embrionale e tutta una serie di processi biologici nell’organismo formato, come la coagulazione del sangue, la cicatrizzazione delle ferite e la guarigione dalle infezioni.
Purtroppo, un’adesione anomala tra le cellule può anche contribuire alla comparsa di numerose patologie, tra cui l’artrite reumatoide, l’infarto, l’ictus, l’osteoporosi e il cancro.
Per questo motivo, le integrine sono studiate come bersagli farmacologici ormai da 40 anni.
Purtroppo, data la complessità delle integrine e talvolta le loro caratteristiche opposte (ne esistono almeno 24 tipi differenti, con diverse capacità di legare specifici ligandi), riuscire a prenderle di mira con terapie adeguate rappresenta un’ardua sfida.
A oggi, solo pochi farmaci mirati alle integrine sono stati commercializzati con successo, tra cui 1:
- abciximab, un farmaco antiaggregante utilizzato per la prevenzione degli eventi trombotici durante gli interventi di angioplastica coronarica;
- eptifibatide, un antiaggregante piastrinico usato nella profilassi post-infarto;
- tirofiban, un farmaco antiaggregante piastrinico somministrato per via endovenosa in aggiunta ad aspirina ed eparina per ridurre gli eventi precoci nella sindrome coronarica acuta;
- natalizumab, utilizzato nella terapia di disordini infiammatori immunitari come la sclerosi multipla e la malattia di Crohn;
- vedolizumab, usato per il trattamento della colite ulcerosa e del morbo di Crohn;
- lifitegrast, usato per il trattamento dei segni e dei sintomi dell’occhio secco;
- carotegrast metil, utilizzato per il trattamento della colite ulcerosa.