INDICE ARTICOLO
Introduzione
I disturbi della pigmentazione cutanea sono tra i difetti dermatologici più frequenti, spesso causa di compromissioni psicosociali e relazionali degne di nota.
Tralasciando le metodiche più invasive, questi disturbi sono generalmente complessi da trattare, dovendo per lo più agire a carico dei melanociti iperplastici responsabili sia della produzione che dell’accumulo di melanina.
Al fianco delle classiche e più aggressive terapie farmacologiche, generalmente efficaci, si sono sviluppati anche nuovi approcci naturali, basati sull’utilizzo di cosmeceutici e nutricosmetici specifici per il trattamento dell’iperpigmentazione post-infiammatoria e del melasma.
La Classificazione
In base al meccanismo d’azione proposto, i vari cosmeceutici e nutricosmetici efficaci per il trattamento dell’iperpigmentazione possono essere suddivisi in:
- inibitori enzimatici dell’attività delle tirosinasi (enzimi coinvolti nella sintesi della melanina). Questi possono essere ulteriormente classificati in competitivi e non competitivi e, a seconda dell’origine, in vegetali o non.
- Inibitori del trasferimento di melanina, dai melanociti ai cheratinociti.
- Inibitori dell’ossidazione della tirosina.
- Inibitori della proliferazione dei melanociti.
In ogni categoria possono essere presenti estratti di natura vegetale e non.
Esempi
Tralasciando i principi attivi dotati di attività farmacologica, tra i cosmeceutici e i nutricosmetici più utilizzati in questo senso, ritroviamo:
- la vitamina C, che oltre alle sue spiccate proprietà antiossidanti, sarebbe in grado di interagire con gli ioni rame presenti a livello delle tirosinasi, impedendo così la melanogenesi e la conseguente insorgenza dell’iperpigmentazione.
- La vitamina E, dimostratasi efficace nel determinare depigmentazione, probabilmente interferendo con la perossidazione lipidica dei melanociti e con la conseguente produzione di melanina.
- La vitamina B3 o Niacina. Studi condotti in vitro hanno dimostrato come questa vitamina possa determinare un’inibizione dell’interazione melanociti/cheratoniciti impedendo così il trasferimento dei melanosomi ai cheratinociti circostanti e la formazione della macchia cutanea. Primi studi clinici mostrano un’efficacia apprezzabile di questa vitamina nella riduzione dell’entità dell’area pigmentata.
- Estratto di semi d’uva, particolarmente ricco in proantocianidine. Pur non conoscendo il meccanismo d’azione specifico, studi dimostrano un’efficacia della supplementazione nel controllo del Melasma.
- Estratto di Aloe Vera, dimostratosi particolarmente efficace soprattutto nel controllo delle iperpigmentazioni post-infiammatorie.
- Picnogenolo. Principio attivo estratto dalla corteccia del pino marittimo che, dotato di proprietà antinfiammatorie ed antiossidanti, dimostrerebbe una certa abilità nel controllo sia dell’iperpigmentazione post-infiammatoria che del melasma.
- Estratto di tè verde, che attraverso i suoi composti polifenolici agirebbe su diverse vie biochimiche inducendo un effetto antinfiammatorio, antiossidante e de-pigmentante.
- Aloesina, principio attivo estratto dall’Aloe Vera, in grado di inibire l’attività della tirosinasi, enzima coinvolto nella sintesi di melanina.
- Estratto di liquirizia, rivelatosi efficace nel disperdere la melanina, inibirne la sintesi e controllare contestualmente l’attività della ciclossigenai.
- Boswellia, dai cui estratti è possibile ottenere triterpeni pentaciclici dotati di spiccata attività antinfiammatoria ed immunomodulatoria.
- N-Acetil Glucosamina, in grado di inibire l’attività della tirosinasi, coinvolta nella sintesi di melanina. Studi dimostrano un miglioramento della pigmentazione dopo circa 8 settimane di trattamento.
Ai suddetti estratti se ne aggiungono altri, la cui attività non è stata ancora compresa o caratterizzata dal punto di vista molecolare e sperimentale.
Conclusioni
Nonostante vi sia una certa scarsità di studi, soprattutto in riferimento a trial clinici utili a standardizzare l’effetto biologico di questi estratti, nonché la loro sicurezza d’impiego, i dati sperimentali lasciano intravedere interessanti applicazioni.
Sarebbe tuttavia importante caratterizzare le eventuali differenze rispetto alle terapie convenzionali ed effettuare un monitoraggio attento della situazione clinica dei pazienti esaminati.
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