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Magazine X115 X115 Vitamina D e COVID-19 | Funziona contro il Coronavirus?

Vitamina D e COVID-19 | Funziona contro il Coronavirus?

  • 12 minuti

Generalità

Importanti revisioni di studi clinici hanno osservato effetti protettivi della vitamina D contro le infezioni respiratorie acute, sebbene tali effetti risultino di dimensioni modeste e con sostanziale eterogeneità 1.

Sulla base di questi risultati, si sta cercando di capire se l’uso terapeutico degli integratori di vitamina D possa prevenire o ridurre la gravità della COVID-19 2.

Una meta-analisi di 10 studi caso-controllo, pubblicata a marzo 2021, ha associato livelli di vitamina D inferiori a 30 ng/mL con un aumento del 43% delle probabilità di infezione da COVID-19 32.

Una precedente revisione sistematica e meta-analisi di 27 studi ha rilevato che la carenza di vitamina D non era associata a un rischio più elevato di infezione da SARS-CoV-2 3.

Tuttavia, ha sottolineato un’associazione tra carenza di vitamina D e gravità della malattia COVID-19, compresi aumenti di circa l’80% dei tassi di ospedalizzazione e mortalità.

Una revisione sistematica pubblicata a gennaio 2021 conclude che: "la maggior parte degli articoli esaminati ha mostrato che lo stato della vitamina D nel sangue può determinare il rischio di infezione da COVID-19, la gravità del COVID-19 e la mortalità da COVID-19. Pertanto, si raccomanda di mantenere livelli appropriati di vitamina D attraverso l’integrazione o metodi naturali, ad esempio la luce solare sulla pelle, affinché il pubblico sia in grado di far fronte alla pandemia" 4.

Un’altra meta analisi di Maggio 2021 si è invece concentrata sull’efficacia della vitamina D nei pazienti ospedalizzati. Dallo studio emerge che l’integrazione ha ridotto la necessità di ricovero in terapia intensiva, senza tuttavia offrire benefici significativi sul fronte della mortalità 40. In quest’ambito sono chiaramente necessari dati più robusti per stabilire efficacia e posologia dell’integrazione di vitamina D nei pazienti dopo che si sono ammalati di COVID-19.

Una revisione sistematica e una meta-analisi sull’integrazione di vitamina D e sugli esiti clinici in COVID-19 hanno concluso che l’integrazione di vitamina D potrebbe essere associata a migliori risultati clinici, specialmente se somministrata dopo la diagnosi di COVID-19* 50.

* Tuttavia, le questioni riguardanti la dose appropriata, la durata e la modalità di somministrazione della vitamina D rimangono senza risposta e necessitano di ulteriori ricerche.

Alcuni Studi Interessanti

Uno studio francese, ha dimostrato che la somministrazione di una grossa dose di vitamina D3 (80.000 IU) nella settimana successiva al sospetto o alla diagnosi di COVID-19, o durante il mese precedente, ha quasi raddoppiato il tasso di sopravvivenza (82,5% vs. 44,4%) e ridotto la gravità della malattia in pazienti molto anziani ricoverati in una casa di cura 5.

In un altro studio sono stati analizzati i dati ospedalieri di 235 pazienti malati di COVID-19, dimostrando un’associazione significativa tra livelli adeguati di vitamina D e riduzione della gravità clinica con minori indici di infiammazione 6.

Nel dettaglio, solo il 9,7% dei pazienti di età superiore a 40 anni con livelli sufficienti di vitamina D è morta, contro il 20% dei pazienti con carenza o insufficienza di vitamina D 6.

Stiamo comunque parlando di un’area di ricerca ancora nuova; pertanto, nonostante i primi dati incoraggianti, la scienza non ha ancora risposte certe.

In attesa di maggiori dati, considerando il dilagare della carenza di vitamina D nella popolazione, sarebbe auspicabile da parte delle Autorità sanitarie un ulteriore sforzo per promuovere perlomeno il raggiungimento delle dosi di assunzione raccomandate di vitamina D (che vanno da 400 UI/giorno nel Regno Unito a 600-800 UI/giorno negli Stati Uniti).

In accordo con le conclusioni degli Autori di un lavoro scientifico, questa raccomandazione si basa sui benefici della vitamina D per la salute delle ossa e dei muscoli. Inoltre, c’è la possibilità che questo intervento possa ridurre l’impatto della COVID-19 nelle popolazioni in cui la carenza di vitamina D è più diffusa 1.

Come sottolineato dagli Autori "Non c’è niente da perdere dall’implementazione di questi consigli e potenzialmente molto da guadagnare".

Vitamina D e Sistema Immunitario

Oltre ai noti benefici per la salute ossea, la vitamina D svolge un ruolo importante nel sistema immunitario.

Esibisce infatti proprietà sia antinfiammatorie che immunoregolatrici ed è fondamentale per l’attivazione delle difese immunitarie 7.

A riprova di questa sua importanza, la carenza di vitamina D può aumentare il rischio di sviluppare diversi tipi di infezioni, batteriche e virali 8, 9, 10.

Inoltre, la carenza di vitamina D è stata collegata a una ridotta funzionalità polmonare, che può influire sulla capacità del corpo di combattere le infezioni respiratorie 11, 12.

Allo stesso tempo, numerosi studi hanno scoperto che l’integrazione con vitamina D può avere effetti protettivi contro le infezioni, incluse quelle del tratto respiratorio 13, 14, 15, soprattutto negli individui carenti.

D’altronde, la carenza di vitamina D è incredibilmente comune nella popolazione; in base ai criteri usati per definirla, interesserebbe un 30-70% dei soggetti 16, coinvolgendo la quasi totalità degli anziani che non assumono integratori specifici 17.

Si ritiene che almeno 1.000 diversi geni che governano praticamente ogni tessuto del corpo siano regolati dalla vitamina D, inclusi molti geni coinvolti nel metabolismo del calcio e nel funzionamento del sistema neuromuscolare e immunitario 18.

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Vitamina D e Infezioni Respiratorie

La vitamina D induce la sintesi di catelicidina e defensine, proteine che combattono efficacemente le infezioni sia batteriche che virali. Inoltre, promuove l’aumento delle citochine antinfiammatorie 19.

Numerosi studi mostrano che l’integrazione di vitamina D alla dose massima di 4.000 UI al giorno può ridurre il rischio di infezioni del tratto respiratorio 13, 20, 21.

Diverse grandi revisioni scientifiche hanno dimostrato che l’integrazione di vitamina D può aiutare a prevenire le infezioni del tratto respiratorio, tra cui il raffreddore, l’influenza e la polmonite 13, 14, 15. Tuttavia, è importante assumere la vitamina D regolarmente per almeno 3 mesi prima che si possano osservare effetti protettivi.

In una revisione di studi di controllo randomizzati su 11.321 persone, l’integrazione con vitamina D ha ridotto significativamente il rischio di infezioni del tratto respiratorio inferiore 22. Anche la COVID-19, la malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2, appartiene a questo gruppo di infezioni.

Nel complesso, lo studio ha dimostrato che gli integratori di vitamina D riducono del 12% il rischio di sviluppare almeno una di queste infezioni. Sempre secondo questa revisione, gli integratori di vitamina D sono più efficaci se assunti giornalmente o settimanalmente a piccole dosi, e meno efficaci se assunti in dosi più grandi e ampiamente distanziate 22.

Diversi studi sottolineano che bassi livelli di vitamina D per evitamento del sole aumentano la mortalità per tutte le cause 23.

Vitamina D e COVID-19

La sorprendente sovrapposizione tra COVID-19 e i fattori di rischio per la grave carenza di vitamina D (tra cui obesità, età avanzata e origine etnica nera o asiatica), ha portato alcuni ricercatori a ipotizzare che l’integrazione di vitamina D possa essere un possibile agente preventivo o terapeutico.

Considerate queste premesse, l’uso della vitamina D è stato proposto per la prevenzione e il trattamento dell’infezione da SARS COV-2 (che provoca la malattia nota come COVID-19).

Efficacia nella Prevenzione

Diversi rapporti osservazionali suggeriscono che un basso livello di vitamina D può essere associato a una maggiore incidenza e gravità di questa infezione 24.

Allo stesso tempo, i primi rapporti suggeriscono che l’integrazione di vitamina D potrebbe fornire un vantaggio per prevenire l’infezione 25.

Ad esempio, secondo uno studio su 489 pazienti ospedalizzati, i soggetti con una carenza di vitamina D avevano quasi il doppio delle probabilità (1,77 volte più alte) di risultare positivi per il nuovo coronavirus rispetto a quelli con normali livelli di vitamina D 26.

Due studi osservazionali hanno riportato che nei Paesi europei vi era una relazione tra basso stato di vitamina D nella popolazione (secondo stime nazionali) e aumento dell’incidenza e della mortalità per COVID-19 27, 28.

Efficacia nel Trattamento

L’associazione della vitamina D alla terapia tradizionale ha dimostrato di ridurre drasticamente la mortalità e il numero di ricoveri in terapia intensiva rispetto ai soggetti trattati con la sola terapia tradizionale 29.

Secondo questo piccolo studio pilota randomizzato, tra le 50 persone con COVID-19 trattate con vitamina D supplementare solo una ha richiesto l’ammissione in terapia intensiva, mentre 13 delle 26 persone non integrate hanno avuto bisogno della terapia intensiva 29.

Dei pazienti trattati con vitamina D, nessuno è morto e tutti sono stati dimessi senza complicazioni. Nel gruppo di controllo, dei 13 pazienti ricoverati in terapia intensiva 2 sono morti e i restanti 11 sono stati dimessi.

Uno studio di coorte ha rilevato che i pazienti COVID-19 che assumevano un integratore contenente 150 mg di magnesio, 500 μg di vitamina B12 e 25 μg (1.000 UI) di vitamina D3 avevano meno probabilità di richiedere ossigeno supplementare o supporto in terapia intensiva rispetto a un gruppo di controllo 30.

In un altro recentissimo studio su 66 pazienti molto anziani (età media 88 anni) con COVID-19 ricoverati in una casa di cura francese, la somministrazione di un "bolo" (cioè una grossa dose in somministrazione unica*) di vitamina D3 durante la malattia o nel mese precedente ha quasi raddoppiato il tasso di sopravvivenza (82,5% vs. 44,4%) e ridotto la gravità della malattia 5.

* 80.000 UI di vitamina D3 o nella settimana successiva al sospetto o alla diagnosi di COVID-19, o durante il mese precedente.

Un altro studio controllato randomizzato ha rilevato una mancanza di beneficio somministrando una singola dose da 200.000 UI di vitamina D ai pazienti COVID-19 ospedalizzati 31.

Detto questo, si tratta di studi e rapporti preliminari, che sono in attesa di essere confermati da studi più ampi, attualmente in corso.

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Carenza di Vitamina D

È curioso notare come, nonostante sia l’unica vitamina sintetizzabile dall’organismo umano, la vitamina D sia anche la più carente nella popolazione mondiale.

La carenza di vitamina D è un grave problema di salute pubblica in tutto il mondo in tutte le fasce d’età 32.

La fonte principale di vitamina D è l’esposizione alla luce solare, che provoca una reazione chimica nella pelle che la produce.

Successivamente, affinché la vitamina D venga attivata, sono richiesti un’adeguata disponibilità di magnesio e la corretta funzionalità di fegato e reni.

Le fonti alimentari di vitamina D sono invece estremamente limitate.

Per questo motivo, le persone che non ricevono una sufficiente esposizione al sole sono a rischio di carenza di vitamina D. I rischi di carenza aumentano nelle persone obese, in quelle con pelle scura e negli anziani 33.

Carenza di Vitamina D e COVID-19

L’esposizione solare è stata anche associata a migliori tassi di guarigione dalla COVID-19 25. D’altronde, la vicinanza all’equatore è stata associata a tassi di mortalità più bassi per questa insidiosa malattia 34.

Altri rapporti suggeriscono che la minore mortalità per COVID-19 registrata nel nord Europa rispetto a quella osservata in Italia e in Spagna, potrebbe essere legata alla diffusa fortificazione degli alimenti con vitamina D nei Paesi Nordici 35.

Infine, secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica dell’UK, i neri – più a rischio di carenza di vitamina D a causa della pelle scura – hanno una probabilità di 4 volte superiore di morire di COVID-19 rispetto ai bianchi 36.

Importanza del Sole

Il modo migliore per ottenere vitamina D è attraverso il sole e pasti sani, ma possono essere utilizzati anche gli integratori.

Purtroppo, negli ultimi decenni si è fatto molto "terrorismo mediatico" sui pericoli del sole, sminuendone i benefici (che sono di gran lunga superiori ai rischi).

In breve, quella che andrebbe evitata è la cosiddetta esposizione solare scottante; rispettando i consigli per un’abbronzatura sicura, il sole andrebbe considerato un amico più che un nemico.

Secondo un articolo scientifico, l’irraggiamento solare UVB moderato rimane un’importante fonte di vitamina D e i suoi benefici per la salute superano notevolmente i rischi 37.

Secondo un altro studio, l’aumentata esposizione solare potrebbe causare alcune migliaia di morti in eccesso all’anno a causa del melanoma e del cancro della pelle; tuttavia, potrebbe evitare quasi 400.000 morti premature l’anno 37.

Secondo uno studio, i NON fumatori che evitano l’esposizione al sole hanno un’aspettativa di vita simile ai fumatori con la più alta esposizione al sole 38. In altri termini, l’evitamento dell’esposizione al sole è un fattore di rischio paragonabile al fumo.

Quanta Vitamina D?

A seconda dei livelli ematici, l’integrazione con 1.000-4.000 UI di vitamina D al giorno è in genere sufficiente per la maggior parte delle persone carenti.

Tuttavia, i soggetti con bassi livelli ematici possono richiedere dosi molto più elevate per riportare i loro livelli di vitamina D a un intervallo ottimale 39.

Ad esempio, nei pazienti ambulatoriali COVID-19, 10.000 UI di vitamina D3 per 14 giorni hanno provocato un minor numero di sintomi, rispetto al gruppo di controllo 10.

Negli anziani fragili con COVID-19 meno grave, una singola dose orale di vitamina D3 in bolo di 50.000 UI al mese, o 80.000-100.000 UI ogni 2-3 mesi, durante o appena prima dell’infezione da COVID-19, era associata a una migliore tasso di sopravvivenza 5, 6.

Se ritieni di essere a rischio di una carenza di Vitamina D, esponi le tue preoccupazioni al medico per valutare l’opportunità di sottoporti a un dosaggio ematico (esame del sangue) della vitamina e stabilire l’eventuale necessità di assumere uno specifico integratore al dosaggio suggerito dal medico.

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